Sono un uomo che fa, uno di quelli che ama fare, costruire oggetti e ambienti in cui respirare libero. Credo nell’edificare l’esistenza come la nostra pelle la desidera, confidando nei gesti concreti, senza malizia, chiedendo onestà alle voci che impastano i nostri giorni.
Stantuffato nel frastuono delle ore della notte, comincio ad intelligere l’ordito dietro i pixel oscurati dalla grappa. E forse vedo eccessivamente dove la polvere sola dovrebbe posarsi. I lucchetti che ho spezzato dovevano restare inviolati, ed io guardare in direzioni da collina autunnale, certo non accendere la miccia delle lacrime. Ma le scintille mi hanno capito sprovvisto d’amianto sul cuore, le crudeli hanno sfregato ogni cellula cercando l’innesco, ed è stato facile individuare la breccia. Non sono in piedi che tizzoni neri, una cattedrale di cenere.
Tra meno di una settimana si torna a Montegranaro per riprendere il filo di “INCROCI DI LETTURE – la parola alla scrittura”, gli incontri che ho pensato per poeti e narratori marchigiani ma soprattutto giovani ed appassionati, per dare la possibilità di uno scambio, di una relazione positiva, nella convinzione che il dibattito, per quanto acceso e da posizioni distanti si svolga, è l’unico strumento di crescita per chi scrive e per chi legge. Venerdì, dicevo, ci siamo io e Massimo Gezzi, con l’aiuto di Manuel Caprari, ormai a suo agio nelle vesti di padrone di casa, come potete vedere da questo video, girato il 30 settembre, in cui Valentina Capecci e Alessandro Cartoni si confrontano senza remore, con onestà ed ironia, sul mestiere del romanziere:
Non sempre un messaggio, sebbene sia condiviso ed apprezzato unanimemente, riesce a travalicare confini e differenze di lingua, religioni e statuto culturale. Ma questa volta un’unica parola aleggia sul mondo, mettendo un po’ di paura al sistema politico, ormai isolato nelle sue altere dimore, dimostrando che quel che era successo circa un secolo fa con l’Internazionale Socialista e le fratellanze anarchiche, può succedere di nuovo. Cambiare pelle e composizione chimica, struttura e densità, ma può cambiare di nuovo.
La misura è giunta sopra il culmine ed ho bisogno di soste ravvicinate e silenziose. Per questo molte immagini (che distraggono), molti suoni (che blandiscono), molte pennellate (che leniscono). Per ora immagini, a distanza ravvicinata: la prima sera, “I figli degli uomini”, angosciante pre-visione o agghiacciante infra-visione di un mondo con sempre meno voci giovani e sempre più follia senile, con una tensione disperata all’implosione nelle categorie muffite della contrapposizione sanguinaria, o peggio dell’autoeliminazione in una estremizzazzione dell’eutanasia prima ancora della malattia. La seconda sera, un piatto, freddo e lustrato racconto della storia d’amore impossibile tra John Keats ed un’artificialmente appassionata, perfettamente romantica giovane di buona famiglia nella provincia inglese, ribelle quel tanto per intessere poche lacrime e molti fili da cucito per il suo agognato poeta. Il titolo, “Bright Star” di Jane Campion (da una tale regista, mi sarei aspettato certo di più).
Ora però, un’oasi di parole stampate sulla finestra degli occhi.