tu goccioli dal balcone come dopo intense piogge
ed io bevo da sotto, dal fondo di questa notte
che straripa della tempesta di luna liquefatta
nel vedere che grondi lacrime e non sappiamo otturare
il crepitio di imprecisioni, di verdetti incauti
di cui ci siamo inondati senza la minima ragione
con la furia della stella che si è imposta
di sparire nelle schegge di vapore della nuvola
nel sopore della furia che avvolge buia
La cifra individuale è ben netta nel dire lineare co’ versi in fila indiana, assonanze varie e disperse, le braccia aperte , in un soliloquio ideale. Manca, in fondo, il simbolo dell’infinito, peraltro nell’idea definito mentre il dire, irrevocabile in una pertinenza solare. Un colui che ama dire senza fine per oleati inchiostri, magari all’ombra dei tanti nostri dannati, sacri chiostri. Bene così. Ciao! ( beninteso in senso di ‘schiavo’)
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