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Il fruscio secco della luce

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Archivi della categoria: letture

DEGUSTAZIONI N. 36

30 martedì Mar 2021

Posted by Marco Di Pasquale in Chiacchiere da bar, Cinema, Critica, Discussione, letture, Narrativa, traduzione

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Tag

cinema, degustazioni, fanucci, i guardiani del destino, minority report, next, paycheck, philip k dick, screamers, the adjustment bureau, total recall

Il continuo stato di dubbio, la relatività dei punti di vista, la precarietà del piccolo individuo di fronte ad un fantomatico potere che tutto pervade, il senso angosciato di controllo e la totale impossibilità di fiducia nel nostro prossimo più intimo, specialmente se si tratta di una moglie (visto il genere maschile di tutti i protagonisti). Questi i temi che ossessionano Philip K. Dick in questa selezione dei racconti che hanno avuto successo cinematografico, pubblicata qualche anno fa da Fanucci ed uscita nel 2011 nell’occasione della produzione del film I guardiani del destino, da cui prende il titolo (in originale The Adjustment Bureau). Insieme alla short story eponima, ritroviamo titoli che hanno fatto la fortuna della cinematografia statunitense come Total Recall e Minority Report, e a ragione, vista la qualità immediatamente riconoscibile, basata su una trama serrata, su un tono allucinatorio ed angosciato che mette il lettore in fuga infinita insieme ai protagonisti, braccati da un’ansia di chiarire la loro innocenza che sicuramente ha un aggancio nella biografia di Dick. Merita davvero la lettura, nonostante mi si parso di incontrare troppe incertezze di traduzione, probabilmente imputabili alla confezione affrettata in concomitanza con l’appuntamento al cinema. Giustificazione davvero discutibile, ma senza farci troppe domande godiamoci la bravura di uno dei più grandi narratori di fantascienza.

I guardiani del destino
I guardiani del destino

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UN ANNO CON POESIA DEL NOSTRO TEMPO

25 giovedì Mar 2021

Posted by Marco Di Pasquale in Chiacchiere da bar, Critica, Discussione, letture, Poesia

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Tag

Alessio Alessandrini, angelo scipioni, annarita zacchi, antonio bux, jacopo curi, marco tufano, pasquale pietro del giudice, poesia contemporanea, poesia del nostro tempo, recensione

Da sempre ma di più di recente, descrivere poesie è un’attitudine, una ruspa personalissima per la pigrizia di non armeggiare con i propri bulloni e pinze, spremendo da manufatti altrui un olio che nutre ingranaggi inediti, compiendo quell’incastro prezioso che per qualcuno è recensione, per me avvitamento di due progetti che parlano le loro distinte istruzioni di vivere con inflessione accomunabile.
Per commemorare l’apertura del cantiere ma anche per esortarmi a proseguire, ecco quel che si è edificato:
– Alessio Alessandrini, I congiurati del bosco
– Jacopo Curi, L’immagine accanto
– Antonio Bux, Terza persona interiore
– Marco Tufano, Granito e bauxite
– Annarita Zacchi, Utopie del corpo
– Angelo Scipioni, De renuntiatione
– Pasquale Pietro Del Giudice, Piste ulteriori per oggetti dirottati
E presto arriverà qualche altro mattone per costruire ponti di parole.

Poesia del nostro tempo

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POESIA DEL NOSTRO TEMPO – MARCO TUFANO

28 martedì Lug 2020

Posted by Marco Di Pasquale in Critica, Discussione, letture, Poesia

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Tag

granito e bauxite, marco tufano, napoli, poesia contemporanea, poesia del nostro tempo, transeuropa

Il mese di luglio per me risulta sempre molto movimentato, perciò a volte alcune cose importanti mi sfuggono: come ad esempio, rimbalzare qui ciò ho scritto per «Poesia del nostro tempo» riguardo Granito e bauxite dell’amico Marco Tufano. Quindi, rimedio subito con l’apposito link:

Poesia del nostro tempo – Granito e bauxite

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DEGUSTAZIONI N. 33

08 mercoledì Lug 2020

Posted by Marco Di Pasquale in Critica, Discussione, letture, Narrativa

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Da diversi anni girava per le librerie di casa, probabilmente cercando di non disturbare o farsi notare il meno possibile, cosa assai difficile visto il rosso acceso della sua copertina. E, in questi primi giorni di riposo dalle fatiche scolastiche, non è sfuggito alla mano che aveva ormai deciso: l’ho preso e l’ho letto davvero velocemente, anche per la curiosità che mi spingeva da tempo verso questo autore, di cui colpevolmente non avevo ancora letto nulla.
In molti mi hanno detto che Norwegian wood è un libro anomalo nella produzione di Murakami, più avvezzo ad una dimensione surreale ed onirica, mentre qui vediamo un aspetto più personale e introspettivo dell’autore, che si misura con i nodi fondamentali dell’esistenza umana. Questo libro è impregnato dall’imponente presenza della morte, che assedia il protagonista Watanabe in una fase delicatissima come quella della transizione dall’adolescenza all’età adulta: Kizuki, il suo unico vero amico, si è suicidato dopo aver trascorso i suoi ultimi momenti con lui, e questo evento avrà una lunghissima eco a causa del rapporto, inquieto prima e tragico poi, che egli avrà con Naoko, la fidanzata del suicida.
Watanabe si innamorerà lentamente, durante lunghe e silenziose passeggiate per tutta Tokio, ma il suo sentimento assomiglierà sempre più ad una pena inflittasi, ad un giogo a cui voler rimanere avvinti quasi per punirsi di essere sopravvissuto al dolore. Naoko stessa, alla fine del romanzo, soccomberà al soffocamento, all’afasia che una fine insensata, come sempre appare il suicidio, fa penetrare nel cuore (oltre a quello di Kizuki, anche quello della sua sorella maggiore).
Il protagonista, grazie a quello che definisce “l’allenamento a vivere” (consistente nella disciplina indispensabile ad affrontare la monotonia della vita), ma anche per merito di Midori, ragazza frizzante, imprevedibile ed anticonformista, che lentamente si insedia profondamente nel cuore di Watanabe, attraversa faticosamente la palude esistenziale in cui i suoi sentimenti e una depressione strisciante lo hanno trascinato: con coraggio, nell’ultima pagina del libro, riesce a stringere quella mano che gli viene tesa e, azzerando il passato, decide finalmente di vivere.
Nonostante il tema sofferto e analizzato con una tagliente schiettezza e dovizia analitica, la lettura risulta davvero coinvolgente grazie alla continua alternanza di scene toccanti e drammatiche e di momenti assolutamente comici oppure strampalati o ancora teneri e delicati, restituendoci pienamente la caratteristica distintiva di quel periodo della vita in cui ci si appresta alla maturità, facendo sì che Watanabe rappresenti tutti noi, in continua oscillazione su una fune tesa che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro ma che sta a noi percorrere fino in fondo.

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DEGUSTAZIONI N. 32

27 lunedì Gen 2020

Posted by Marco Di Pasquale in Chiacchiere da bar, Critica, letture, Narrativa

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Seconda lettura dell’anno, non ancora completata poiché stentata, mal digeribile, zoppicante: ritrovo nella seconda fila di uno scaffale un’antologia acquistata in bancarella, uno di quei libri che pensi possa essere una chicca imprevista. Italiana, una collezione Mondadori di racconti di narratori “nuovi” all’epoca di quest’edizione fuori commercio datata 1991, composta da alcuni nomi che erano già o diverranno di lì a poco famosi (Tondelli, De Luca, Albinati, Mari e addirittura la Tamaro) ma anche da meteore della letteratura di consumo. Ecco: mescolare autori di indubbio valore, anche se ancora allo stato embrionale, con esperienze poco più che pedissequamente stucchevoli, abbarbicate ad una concezione di narrazione vetusta, ottocentesca, inutilmente roboante, mi è sembrato uno spreco, soprattutto di pagine (ben 430). Si sarebbe potuto optare per un libretto più snello ma anche più accorto nella selezione e quindi non solo più stuzzicante e soddisfacente, ma anche significativo per la definizione di un ipotetico “canone”, di un indirizzo di tensione comune. Tuttavia, come spesso capita con le operazioni antologiche, teniamoci a caro il buono (un paio degli scrittori citati, più Pino Cacucci e Bruno Arpaia) e il resto farà contorno.

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DEGUSTAZIONI N. 31

24 domenica Nov 2019

Posted by Marco Di Pasquale in Chiacchiere da bar, Critica, letture, Narrativa

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Magari questa non sarà la recensione più ponderata tra quelle che trovate nel blog, ma sicuramente è la più rapida, poiché scritta un’ora e mezza dopo aver terminato il libro. Quale? Illusione di potere di Philip K. Dick, un romanzo brulicante, vivido e caotico, spesso troppo, che vive di due assi narrativi: preponderante quello prettamente fantascientifico, con la Terra nelle mani di un Segretario delle Nazioni Unite, Gino Molinari, tirannico e incostante, alleata ad un pianeta, Lilistar, popolato da esseri molto simili a noi ma infidi e pronti a sfruttare risorse e popolazione terrestri pur di sconfiggere i suoi nemici giurati, i reeg, specie insettiforme che, a dispetto di quanto il suo aspetto ispira, è probabilmente più affine psicologicamente e socialmente a noi. In questo groviglio, a volte torbido e poco intellegibile, si districa il protagonista Eric Sweetscent, che tenta di liberarsi da un matrimonio con la bellissima e complicata Kathy, che gli provoca soltanto frustrazione ed autocommiserazione, mentre la sua sorte si legherà indissolubilmente ai destini della guerra e del mondo terrestre.
Impressione finale? Contrastata. Diverse pagine brillano per lucidità di trasposizione metaforica delle vicende storiche precedenti o coeve al romanzo (Seconda Guerra Mondiale, conflitto freddo USA-URSS, Vietnam), oppure semplicemente per la successione di felici trovate dell’intreccio. Tuttavia i passaggi intricati, a volte criptici, della riflessione della coppia protagonista (che sembra abbia già fatto terapia prima ancora di lasciarsi) impastoiano la lettura rendendola meno godibile ed impedendo il libero flusso dell’immaginazione. Inoltre, gli unici personaggi che spiccano per spessore, Eric, Kathy (ma neanche fino in fondo, a volte stereotipata) e Gino Molinari, forse il più riuscito nella sua assoluta necessità di vivere (e morire) per il potere. Merita comunque una lettura, grazie all’atmosfera di futuro angosciante ma anche affascinante costruita con quella maestria che ben conosciamo in Dick e di cui non riusciamo a fare a meno.

Philip K. Dick – Illusione di potere

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Prima o poi inserirò il mio curriculum vitae, anche se odio schedarmi. Mi piace molto di più parlare a braccio della mia vita, dei miei gusti, di tutto ciò cui non riesco a fare a meno. Piano piano riempirò questo ritaglio con qualche notizia. Intanto, potrete leggermi dentro le mie poesie...

ACCETTARE L’INVERNO


il fruscio secco della luce
attraversa ogni ramo
stormisce tra le ciglia
scantonando dietro le pupille
al bordo delle impressioni
un mattino inalato a fondo
raschia di tosse
le traiettorie sbieche
di cori natalizi a tangere la terra
che disfa sotto al gelo
brucia l’attesa in angoli di silenzio
dove accettare l’inverno

…

sulla strada rovina ogni proposito
nessun abside ad accogliere preghiere
volatili come foglie attardate
a stuzzicare il vento


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